Nell'arco della mia vita mi è capitato di incontrare persone, anche in ambito ministeriale, in cui abilmente e forse, come spero, inconsapevolmente, l'arroganza e l'egocentrismo si sono camuffati spesso in zelo e santità.
L'esempio classico è quello di chi, sia nella dimensione privata che nella pubblica di un ministero, per aver ottenuto un grande successo spirituale dimentichi che Dio nell'esprimersi in questi termini possa riferirsi anche a lui:
Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa e insanabilmente malato; chi lo può conoscere? (Geremia 17:9)
Se c'é un motivo per cui il cuore si inganni splendidamente, piroettando nell'aria con lo splendido portamento di un tuffatore convinto di immergersi nelle acque di una piscina schiantandosi nella vasca svuotata di notte, il motivo è questo: l'avervi fatto un bellissimo tuffo il giorno prima, con standing ovation e coppa al seguito.
La forza e la potenzialità del tuffatore era la medesima del giorno prima ma mancavano le cose più importanti quali la giusta dimensione di sé, il senno, il senso del proprio limite, il non sentirsi invincibili, e questo lo portava ad illudersi che, in quanto bravo tuffatore, sarebbe "atterrato" o "ammarato" bene in ogni caso, dimenticando la prima delle regole che non vanno mai dimenticate: “ricordati di essere un uomo e quindi, il tuo successo del giorno prima non sta a garantirti quello del giorno dopo”.
Il giorno dopo sarebbe dovuta essere un'altra storia, un'altra sfida, con altre condizioni ed altre situazioni, se non da affrontare quantomeno da evitare: la vasca vuota.
Così è per alcuni. Vengono al Signore, ottengono cose dal Signore, predicano per il Signore ed evangelizzano per il Signore, ma il loro cuore si gonfia oltre misura e, memori del tuffo del giorno prima, cominciano pericolosamente più che ad assomigliare ai cristiani che abitano nei luoghi celesti a degli Icaro in erba con ali di cera, finendo per schiantarsi davvero nell'erba, con guancia e mascella.
Non dobbiamo smettere di vegliare sul riemergere del nostro antico sentirci come "grandi e potenti" che, come una volta tramite musica, spettacolo, carriera, soldi, lavoro e più in generale l'orgoglio della vita ci dominava, non lo faccia ora sublimandosi sottoforma di zelo e santità.
Tipici sintomi di tali forme sublimate sono un desiderio spasmodico di progetti immaginari che, pur giusti, come il tuffo descritto, vengono concepiti secondo uno spirito sbagliato che non potrà che portare a schiantarci in una vasca vuota.
Ricordo una persona che tempo fa avvertii fraternamente di non frequentare alcuni ambiti religiosi. Lei, niente. Malgrado l'evidente negatività di alcuni comportamenti, parlava di "livelli spirituali alti" di certi famosi personaggi. Va da sè, che se quelli erano i personaggi alti, la nostra chiesa fosse quella dei bassi. Lei voleva essere "alta alta" come i papaveri, e noi eravamo "piccolini ...che cosa ci vuoi far?".
Il risultato fu come da copione: lasciò la nostra chiesa, cercò quella dei papaveri, poi un giorno ce la ritrovammo con la sua fede completamente ridotta a brandelli a lamentarsi del "non sapere più in che cosa credere". Tutto perché non si era accorta di essere mossa dal desiderio di potenza insito nell'uomo, quello che si nutre del fascino del proprio ego e dell’ ammirazione di sè. Dopo un volo illusorio in aria, si è “schiantata” dolorosamente e, a quanto ne so, è ancora irrimediabilmente a terra, scandalizzata, devastata e dilaniata nella sua fede.
L'orgoglio è difficile da tenere a bada proprio come un palloncino gonfio: quando pensi di averlo schiacciato da un lato ti sbuca gonfiandosi dall'altro con un'altra forma.
Infatti un tuffatore distratto dal giorno prima è un tuffatore distrutto del giorno dopo. Ma questa è solo la mia. Meglio quest'altra:
Proverbi 18:12 Prima della rovina il cuore dell'uomo si innalza, ma prima della gloria viene l'umiltà.
Questa è del Signore.
02 marzo 2016
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