Fin dalle più antiche origini del Cristianesimo, gli Apostoli e i Padri della Chiesa posero particolare accento sul non ricadere nella ritualità ebraica, né nella convinzione che luoghi o Templi – quand’anche costruiti per onorare il Signore - potessero produrre una qualche santificazione in sé nel frequentarli o “benedirli”.
Potrebbe sorprendere però che questo accento, trovi riscontro fin dall’Antico Testamento dove, non poche volte, il Signore disprezza letteralmente la ritualità sterile del Suo Popolo, malgrado seguisse un Suo comando. Ecco uno dei tanti esempi:
Isaia 1:11-14 «Che m'importa la moltitudine dei vostri sacrifici, dice l'Eterno. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di bestie ingrassate; il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri non lo gradisco. Quando venite a presentarvi davanti a me, chi ha richiesto questo da voi, che calpestiate i miei cortili? Smettete di portare oblazioni inutili; l'incenso è per me un abominio; non posso sopportare i noviluni e i sabati, il convocare assemblee e l'iniquità assieme alle riunioni sacre. Io odio i vostri noviluni e le vostre feste solenni; sono un peso per me, sono stanco di sopportarle.
Ora come è possibile che il Signore tratti in tal modo chi in realtà stia ubbidendo alla ritualità da Lui stesso comandata? Il Signore lo spiega a chiare lettere: quella ritualità doveva essere la manifestazione simbolica del loro reale stato spirituale. Infatti successivamente non solo rimprovera ma indica la via da percorrere: “Imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova”. (Isaia 1:17)
Il Signore aveva ordinato riti che dovevano essere come bottiglie ripiene di buon vino pregiato - l’ubbidienza alla Sua Parola e alla Sua giustizia - mentre il popolo di Dio furbescamente pensava di poterLo accontentare presentando solo bottiglie ben confezionate ed elegantemente fregiate di blasonate etichette ma vuote di contenuto: una vera e propria truffa ai danni del Signore.
Ma il popolo di Dio riuscì a fare di peggio. Riuscì non solo a presentare al Signore bottiglie vuote, ma addirittura a svuotare le bottiglie piene del vino che Dio volle offrire loro. Visto che l’uomo era incapace di un’offerta degna Egli, il Signore in persona, se ne fece carico e chiamò il Figlio che prontamente disse: “Il vino? Lo pago io”. E questo vino pregiato era il Suo stesso sangue, la Sua stessa vita - la vita di Dio - incarnata nel Figlio per essere spezzata e sparsa per tutti.
Ora certamente, gli uomini avrebbero avuto un buon vino da presentare al Signore, e cioè un sangue che avrebbe recato in sè tutta la potenza della Sua giustizia. Ma le potenze religiose dell’epoca, che teoricamente non servivano dèi pagani ma il Dio di Abrahamo del quale inoltre si dicevano essere figli, presero quella bottiglia ripiena del sangue del Signore e la gettarono in terra considerandola profana.
Ora se il Signore, nel verso di Isaia condannava quell’uomo che non riempiva bottiglie della propria giustizia, quanto più condannerà quell’uomo che avrà svuotato quella bottiglia riempita della Sua? E qual è questa giustizia? Il Sangue di Cristo. Se quindi qualcuno dice di ubbidire a Mosè o di costruire un Tempio a Dio e nel contempo nega il sangue di Cristo, non c’è nulla lì da benedire, ma anzi da temere. Colui infatti che ritiene il sangue di Cristo profano, si pone egli stesso, di qualunque nazione o origine esso sia, compresa quella ebraica, sotto il giudizio di Dio, respingendo il dono della grazia.
Ecco perché proprio alla lettera agli Ebrei è scritto:
Ebrei 10:28-29 Chiunque trasgredisce la legge di Mosè muore senza misericordia sulla parola di due o tre testimoni. Quale peggiore castigo pensate voi merita colui che ha calpestato il Figlio di Dio e ha considerato profano il sangue del patto col quale è stato santificato, e ha oltraggiato lo Spirito della grazia?
E per questo il Signore disse:
Luca 13:35 Ecco, la vostra casa vi è lasciata deserta. Or io vi dico che non mi vedrete più finché venga il tempo in cui direte: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore"».
In altre parole “Nessuno potrà avere la casa ripiena di Me e del Padre Mio, se prima non benedirà chi viene nel nostro nome”. E chi è costui se non colui che per prima cosa non onora il Padre, riconoscendo il Figlio come dono di corpo rotto e sangue sparso per i peccati di tutti? Chi non onora il sangue del Figlio donato dal Padre può forse onorarLi entrambi? No di certo! E la Sua casa gli rimane deserta, dice il Signore. Nessuno quindi si illuda di benedire Dio benedicendo una casa che Lui per primo lascia deserta perché è stato rifiutato il sangue del Figlio come dono. Anzi, è quella casa vuota che dovrà benedire la piena, affinché essa stessa possa essere piena. E’ la casa che accetta il sangue di Cristo ad essere quella erede di tutte le cose, perché resa libera e affrancata dal peccato, e non certo quella che lo rifiuta decidendo così di rimanere schiava e serva di d’esso.
Galati 4:25-31 Or Agar è il monte Sinai in Arabia e corrisponde alla Gerusalemme del tempo presente; ed essa è schiava con i suoi figli. Invece la Gerusalemme di sopra è libera ed è la madre di noi tutti. Infatti sta scritto: «Rallegrati, o sterile che non partorisci! Prorompi e grida, tu che non senti doglie di parto, perché i figli dell'abbandonata saranno più numerosi di quelli di colei che aveva marito». Ora noi, fratelli, alla maniera di Isacco, siamo figli della promessa. Ma, come allora colui che era generato secondo la carne perseguitava colui che era generato secondo lo Spirito, così avviene al presente. Ma che dice la Scrittura? «Caccia via la schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non sarà erede col figlio della libera». Così dunque, fratelli, noi non siamo figli della schiava ma della libera.
Il Signore ci ha donato un vino pregiato e ineffabile al prezzo della vita del Suo stesso Figlio. Benediciamo chi accetta quel vino prezioso con gioia e gratitudine, non chi lo ritiene essere un vino scaduto, di nessun prezzo. Per quel tale non vi sarà alcuna benedizione del Padre né - pensate un po’ - di Abrahamo che, alla vista del giorno di Gesù se ne rallegrò...
Parola di Gesù:
Giovanni 8:56 Abrahamo, vostro padre, giubilò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò.
01 giugno 2017
pastore Alessandro Lilli
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