Faccia a faccia

by michael heilemann

Genesi 32:24 Giacobbe rimase solo, e un uomo lottò con lui fino all'apparir dell'alba.

Uno dei luoghi comuni su Giacobbe è legato al suo nome che ha condizionato tutta la sua esistenza. Giacobbe significa soppiantatore (colui che prende per il tallone) in poche parole: imbroglione, frodatore, disonesto, ingannatore, usurpatore, prepotente.

Immaginate di passare la vita con un nome che è un’offesa. Che idea aveva di sé Giacobbe e che concetto si facevano le persone alle quali si presentava per la prima volta. Credo che il suo nome non abbia contribuito alla sua autostima e nemmeno alla sua posizione in seno alla famiglia.
Da quando era nato aveva avuto questo ruolo: quello dell’usurpatore, per il fatto che era nato tenendo per il tallone il fratello gemello, come per non voler restare indietro. Il suo nome racchiudeva questo significato. Sicuramente i suoi genitori gliel’avevano dato per l’evento della sua nascita insolita e non per limitarlo ma aveva sicuramente influenzato tutta la sua vita.

Una vita da fratello minore, poco valutato e stimato dal padre, costretto a prendere a gomitate la vita per farsi un pò di spazio in una società tribale, dove contava solo il “primogenito”. La vita di Giacobbe era segnata da situazioni che non calzavano con i suoi desideri e le sue ambizioni, tutto remava contro di lui. Il suo ruolo di fratello minore non aveva niente a che vedere con ciò che si sentiva chiamato a fare. A differenza del fratello, Giacobbe comprendeva l’importanza di essere “l'erede” di Isacco. Giacobbe capiva quanto fosse importante fare la volontà di Dio e raccogliere la promessa fatta a suo nonno Abramo. Lui non era come Esaù, superficiale e dedito a godersi la vita, tanto da sottovalutare la primogenitura fino al punto di vendersela per un piatto di minestra di lenticchie.

Per inciso, la scienza ha provato che in un parto gemellare, l’ultimo a venire alla luce è stato concepito per primo, per cui a distanza di tempo possiamo dire che la vocazione alla primogenitura che Giacobbe sentiva dentro era giusta, lui era il primogenito. Ma in quegli anni, con le conoscenze limitate, egli dovette subire una vita di lotte e rivincite sul suo destino.

Le studiò tutte e con le sue forze si fece strada. La storia la sappiamo: Giacobbe compra la primogenitura con una minestra, estorce la benedizione al padre con l’inganno, costretto a fuggire dalla rabbia del fratello ripara dallo zio, in un paese straniero. Lungo la strada Giacobbe ha un sogno meraviglioso e comprende che Dio l’avrebbe favorito e aiutato. Arrivato dallo zio riesce a sposare le figlie a costo di anni di pesante lavoro. Nonostante questa dura prova Giacobbe prospera grandemente. Lo zio diviene geloso e Giacobbe decide di tornare nel suo paese. Tutte queste fasi della sua vita sono state faticose e il suo ritorno lo sarebbe stato ancora di più: doveva affrontare suo fratello Esaù.

Immagino Giacobbe, stanco dei suoi anni di fatica, che cammina dietro i suoi averi e suoi servi, insieme alla sua numerosa famiglia. Lo immagino mentre pensa: “Come farò? Esaù avrà dimenticato che gli ho rubato la benedizione di nostro padre? Ora non sono solo io, ora ci sono anche loro, la mia famiglia, e io non voglio perderli, ho combattuto tanto per loro. Ecco, farò così, li manderò avanti e io… Dioooo, aiutamiiii, ho paura, benedicimi, ti prego BENEDICIMI!!!”
E così fa, Giacobbe manda avanti i suoi averi, le sue mandrie, i suoi servi e infine la sua famiglia, ma lui.......lui rimane indietro e la Bibbia ci dice che: Giacobbe rimase solo, e un uomo lottò con lui fino all'apparir dell'alba. (Genesi 32:24)

Chi era quest’uomo? La Bibbia ci dice che alla fine della lotta Giacobbe gli chiese il nome, ma questi si limitò a rispondere: "Perché mi chiedi il mio nome?" E lo benedisse quivi. E Giacobbe chiamò quel luogo Peniel, "perché", disse, "ho veduto Iddio a faccia a faccia, e la mia vita è stata risparmiata". (Genesi 32:29–30)
Dio era lì con Giacobbe. Giacobbe quella notte lottò con tutto sè stesso per vincere. Per vincere la paura, per vincere con sè stesso e per forzare Dio a benedirlo. Giacobbe vince e Dio gli dà un altro nome. Un nome “finalmente” onorevole: Israele che significa, Principe che prevale con Dio.

Giacobbe ce l’aveva messa tutta, ed ora terminata ogni lotta, anche con sè stesso, poteva affrontare a testa alta il fratello.

Come è simile a tanti di noi questo Giacobbe. Quanti di noi lottiamo con tutto noi stessi per vincere sulle vicende della vita e sulle nostre debolezze. Dio è al nostro fianco e se anche, qualche volta, lo affrontiamo quasi per sfida e lottiamo con Lui, Egli ci benedice e ci aiuta a vincere. Talvolta vince per noi, se solo, con fede, ci affidiamo disarmati alla Sua mano piena di Grazia. Ecco, questo è il nostro Dio!
Egli ha ordinato per noi anche un nome nuovo (Apocalisse 3:12) che calza a pennello con il nostro carattere di persone redente dal Signore Gesù.

Non è meraviglioso il nostro Dio?!?