La festa dei morti, pur variando nei dettagli rituali, nelle particolari credenze connesse, nella durata e nella posizione calendariale, è uno di quei fenomeni religiosi che nella loro larghissima diffusione in tutte le parti del mondo e in quasi tutti i livelli culturali mostrano caratteri sostanzialmente uguali.
Trascurando per brevità le differenze, si può dire che i popoli primitivi dell'Asia, Africa, America e Oceania, come pure un gran numero delle civiltà superiori (per citarne solo alcune: la greca e la romana) conoscono una festa dei morti i cui caratteri sono pressappoco i seguenti: in un determinato giorno o periodo dell’anno, i morti ritornano tra i vivi e vengono da questi ospitati con offerte di cibi, vestiti ed altro, assistono ai riti, e alla fine della festa vengono invitati a lasciar di nuovo il mondo dei mortali.
La loro visita è preceduta qualche volta da un formale invito o evocazione e da un'adeguata preparazione dei vivi (pulizia nelle case, digiuno, astinenza...); essa può svolgersi nelle case stesse, in luoghi pubblici delle comunità o presso le tombe; dà occasione a riti di tipo funebre (lamentazioni) o di tipo orgiastico (danze mascherate, orge sessuali); si conclude con riti purificatori destinati a ristabilire l’ordine normale che presuppone una separazione tra vivi e morti.
I temi noti dalle religioni primitive e antiche sopravvivono nelle credenze e usanze popolari europee attuali, raggruppate attorno alla festa ecclesiastica della commemorazione dei defunti.
In tutte le regioni Italiane esistono usanze caratteristiche: in Friuli, per esempio, per la notte del 2 Novembre si lascia un lume acceso e pane ed acqua sul tavolo per i morti che passano quella notte in casa.
In Lombardia tavola imbandita, fuoco acceso e sedie vicine al focolare. Altrove la gente si alza prestissimo per lasciare i letti agli spiriti.
In Abruzzo si crede che i morti si trattengano tra i vivi dal 2 Novembre fino all’Epifania.
Tra i cibi particolari offerti ai morti in Italia prevalgono le fave (oggi per lo più dolci fatti in forma di fave); l’offerta ai morti in alcuni casi si trasforma anche in distribuzione gratuita del cibo ai poveri.
In Sicilia il giorno dei morti è un'occasione per fare regali ai bambini. A Roma tra il secolo 18° e 19° avevano luogo rappresentazioni sacre organizzate dall’Arciconfraternita dell’Orazione e Morte.
Il primo a fissare la data del 2 Novembre per la commemorazione dei defunti fu Odilone di Cluny nel 928 e ad essa poco a poco si uniformarono i diversi usi locali: a Roma appare la prima volta nel 14°secolo.
Fino a Pio X l’ufficio dei morti si aggiungeva a quello dell’ottava di Ognissanti; con la riforma di Pio X fu composto un ufficio speciale.
Papa Benedetto XV estese (1915) a tutti i sacerdoti (ne godevano già Spagna, Portogallo e America Latina) la facoltà di celebrare in quel giorno tre messe. Nella Chiesa Greca la commemorazione dei defunti si fa nella domenica corrispondente alla nostra Sessagesima.
Nel mondo Ebraico (secondo le Scritture)
Dopo che un membro della famiglia aveva chiuso gli occhi al defunto, il suo corpo veniva lavato, unto o cosparso di aromi e avvolto in panni di lino. Gli Ebrei non praticavano l’imbalsamazione, né usavano deporre i morti in casse o sarcofaghi, come gli Egiziani. (Genesi 46:4; Atti 9:37; 2Cronache 16:14; Giovanni 12:7; Matteo 27:59; Giovanni 11:44).
Soltanto nell’epoca greco-romana si prese a raccogliere le ossa dei defunti in casse speciali od ossari. L’inumazione era la regola: non ottenere onorata sepoltura era considerato somma disgrazia come è scritto nei profeti (Isaia 14:19; Geremia 7:33; Ezechiele 32:5) La cremazione era un delitto (Amos 2:1).
Poche ore dopo il decesso, il cadavere era trasportato al luogo di sepoltura in una “bara” seguita dai congiunti, dai parenti, dagli amici e dagli schiavi che facevano cordoglio. Le famiglie agiate collocavano i loro morti in caverne naturali dei loro poderi o in sepolcri scavati nella roccia e più tardi in artistici mausolei. (Genesi 23:19; Isaia 22:16; 2°Cronache 16:14; Matteo 27:60).
In generale i sepolcreti erano formati da un atrio o cortile e dalla camera sepolcrale propriamente detta alla quale si accedeva per una porta o apertura praticata nella parete chiusa da una grossa pietra che si faceva rotolare (Matteo 27:60,66; 28:2; Marco 15:46; 16:3; Luca 24:2; Giovanni 20:1).
Lungo le pareti c’erano dei banchi di pietra su cui si adagiavano i cadaveri; solo più tardi si praticarono dei loculi scavati nella roccia, nei quali si distendeva il corpo del defunto e che venivano poi chiusi con una lastra di pietra. I poveri e gli stranieri erano sepolti in cimiteri comuni (Geremia 26:23; 2Re 23:6; Matteo 27:7).
Il più ardente desiderio di ogni israelita era quello di trovare l’ultimo riposo con i padri (1Re 13:22; Genesi 49:29). In tempi posteriori si stabilì la regola di situare le tombe fuori della città (Luca 7:12) perché la legge riteneva impuro chi avesse toccato un cadavere (Numeri 19:16).
Per rendere maggiormente visibili le sepolture, si imbiancavano con calce ogni primavera (...riecheggiano a proposito le parole di Gesù che chiamò i farisei “sepolcri imbiancati”)
Il destino dei morti (secondo le Scritture)
Nel vangelo di Luca Gesù ci parla dell’aldilà nella parabola del ricco e del mendicante Lazzaro.
Luca 16:22-23 Or avvenne che il mendicante morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abrahamo; morì anche il ricco e fu sepolto. E essendo tra i tormenti nell’inferno, alzò gli occhi e vide da lontano Abrahamo e Lazzaro nel suo seno.
"...fra noi e voi è posto un grande baratro, in modo tale che coloro che vorrebbero da qui passare a voi non possono; così pure nessuno può passare di là a noi". Ma quello (il ricco) disse: "Ti prego dunque, o padre, di mandarlo a casa di mio padre, perché io ho cinque fratelli, affinché li avverta severamente, e così non vengano anch’essi in questo luogo di tormento". Abrahamo rispose: "Hanno Mosè e i profeti, ascoltino quelli". Quello disse: "No padre Abrahamo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvedranno". Allora egli gli disse: "Se non ascoltano Mosè e i profeti, non crederanno neppure se uno resuscitasse dai morti".
Si parla dunque molto chiaramente di inferno (nel greco della Luzzi detto Ades, lo Sceol ebraico) e di seno di Abrahamo inteso come paradiso, luogo di riposo e di felicità celeste.
L’Ades è raffigurato come una città; si parla spesso infatti delle porte dell’Ades (Matteo 16:18). Il varcare questa porta è un fatto definitivo: non v’è alcuna speranza di ritorno (Giobbe 7:9; 16:22).
Dio però regna anche sul soggiorno dei morti, come su tutto l’Universo. Come è soltanto Dio che può far scendere nel soggiorno dei morti (Ezechiele 31:16), così Egli può anche farne risalire (1Samuele 2:6).
Nessuno quindi evochi gli spiriti dei defunti consultando i medium perché la Sacra Scrittura dice che ciò è in abominio agli occhi dell’Eterno (2Cronache 33:6). Invochi piuttosto il Nome del Signore e sarà salvato! (Atti 2:21).
C’è altresì una resurrezione dei morti! La signoria di Dio sul soggiorno dei morti è stata manifestata nella resurrezione di Gesù Cristo dai morti; quando l’apostolo Giovanni lo vide, cadde ai suoi piedi come morto (Apocalisse 1:17)
Apocalisse 1:17-18 Ma Egli mi disse: Non temere! Io sono il primo e l’ultimo, e il vivente; Io fui morto, ma ecco sono vivente per i secoli dei secoli amen: e ho le chiavi della morte e dell’Ades
Una parola conclusiva (secondo le Scritture)
L’apostolo Paolo scrivendo alla Chiesa di Corinto così si espresse parlando del trionfo di Gesù Cristo: "La morte è stata inghiottita nella vittoria" O morte dov’è il tuo dardo? O inferno dov’è la tua vittoria? Ora il dardo della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge. Ma ringraziato sia Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo. (1Corinti 15:54-57)
Atti 2:21 Chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato
Dio ti benedica!
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