Il commercio equo e solidale è una delle attività che caratterizzano l’impegno di Aidworld e consiste nella vendita di oggetti d’artigianato o alimenti prodotti direttamente nei Paesi in via di sviluppo per dare un input in loco al rafforzamento di un’economia autonoma, sia a livello produttivo interno sia a livello delle esportazioni.
Costituendosi come una via alternativa e parallela a quella del sistema economico tradizionale, il mercato equo e solidale mira a supportare la crescita economica dei Paesi produttori. Nato in Europa nel 1960 basandosi su esperienze precedenti anche negli USA, questo tipo di mercato si è propagato in tutto il mondo, fino a comprendere Australia e Giappone. I paesi produttori sono circa cinquanta e si calcola che circa ottocentomila famiglie nel mondo siano coinvolte in attività di commercio alternativo.
Lo scambio è basato sul rispetto della dignità delle condizioni lavorative e della giusta remunerazione di chi produce, e quindi su un prezzo di vendita equo, stabilito insieme ai produttori stessi tenendo conto dei costi reali di produzione e di un livello di retribuzione adeguato. Ma si basa anche su un’attività ecologicamente sostenibile e soprattutto sul riconoscimento del valore culturale dei prodotti scambiati, che raccontano di culture ricche e spesso conosciute solo superficialmente.
I prodotti vengono importati principalmente da Africa, Asia, America Latina e dall’Europa dell’est e sono nella maggior parte dei casi legati all’esperienza culturale ed alle tradizioni locali, cui si unisce l’osservanza, nel caso dei prodotti alimentari, delle norme per la certificazione biologica. I luoghi deputati alla vendita nei paesi accoglienti sono le cosiddette Botteghe del Mondo che oltre a garantire un prezzo trasparente degli articoli, forniscono informazioni sui paesi produttori, sulle tecniche di lavorazione e sulle modalità d’importazione e di rapporto con gruppi partner del Sud.
Su scala macroeconomica la gestione delle importazioni è affidata alle ATO’s (Alternative Trade Organization), che sono organizzazioni di commercio alternativo che si occupano anche dell’informazione e dell’approfondimento dei temi legati agli squilibri sud-nord, alla globalizzazione, al consumo critico, alla finanza etica, al turismo responsabile. L’attività delle ATO’s sono tese ad eliminare il più possibile le intermediazioni, soprattutto a livello delle organizzazioni dei produttori; queste ultime devono inoltre, per essere inserite nel circuito di scambio equo e solidale, risultare trasparenti in termini di salari, di condizioni di lavoro e dei benefici erogati ai soci/lavoratori/impiegati. Inoltre viene anticipata una parte del pagamento all’ordine, che costituisce un prefinanziamento utile a svincolare i piccoli produttori da agenzie di credito più o meno lecite e dallo strozzinaggio, che si impone spesso come unico fornitore di credito ai privati. Ma le ATO’s si impegnano anche nello stabilire con i paesi del sud, rapporti commerciali di lunga durata e relativamente indipendenti dalle fluttuazioni del mercato e svolgono un’attività di scambio continuo con i produttori, che comprende un costante monitoraggio dei requisiti richiesti, anche attraverso viaggi periodici nelle comunità partner del Sud.
Dietro ad ogni pacco di caffè, di riso equosolidali o di altri articoli ci sono persone, storie, lotte che possono e devono essere raccontate per renderci più consapevoli degli squilibri mondiali e di come possano essere affrontati attraverso una logica alternativa.
Equo vuol dire giusto ma cos’è giusto?
E’ giusto pagare in modo dignitoso chi lavora e rispettare i diritti e la cultura di tutti. Essere solidale vuol dire essere vicino, non solo a parole, a chi in ogni parte del mondo è povero e sfruttato, in un mondo che privilegia i prodotti di moda, venduti dalle grandi aziende. Tra le forme di sfruttamento, la peggiore è quella che riguarda i minori. In Africa e in America Latina ci sono bambini costretti a lavorare nelle piantagioni di tè, caffè, cacao, mentre in Asia, nelle grandi città, lavorano in fabbriche di abbigliamento e sport, usando macchinari ad alto rischio e respirando sostanze chimiche nocive. Vengono preferiti per le mani piccole, adatte ai lavori di precisione, ma soprattutto perché sono più deboli e non si possono ribellare. Sono centinaia di migliaia, nel mondo, i bambini privati della libertà, della salute, del diritto al gioco e all’istruzione.
Di fondamentale importanza è la possibilità da parte dei paesi in via di sviluppo di accedere alle conoscenze tecniche innovative mediante una formazione adeguata. La formazione è infatti un altro dei temi fondamentali del commercio equosolidale, dove formare significa dare assistenza ai produttori del Sud del mondo, aiutandoli a migliorare la qualità delle colture, insegnare tecniche di lavorazione per trasformare la materia prima nel prodotto finito (per esempio, come si arriva dalla raccolta della piantina di caffè al chicco pronto per essere macinato).
La formazione è essenziale per far uscire questi popoli dalla dipendenza dagli aiuti umanitari, rendendo i produttori locali autonomi e in grado a loro volta di insegnare ad altre comunità le conoscenze apprese.
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