Lo sport rappresenta da sempre una parte integrante delle attività sociali ed un essenziale elemento di aggregazione sociale.
Le grandi folle, riunite in occasione di manifestazioni sportive o di qualsiasi altro tipo, sono spinte e controllate da meccanismi inconsci ed è per questo che possono passare con incredibile rapidità attraverso stati d’animo diversissimi e profondamente contrastanti.
Questo fenomeno risulta essere strettamente legato al “tifo” e cioè a quell' attaccamento per un atleta o una squadra che spinge un individuo a parteggiare per essa e a sostenerlo/a nelle competizioni condividendone gioie, stati d’animo e sentimenti.
Nel tifo, la squadra (o il giocatore) oggetto di tifo diviene un rappresentante dell’Io del tifoso, al quale è permesso, in questo modo, di vivere per delega emozioni che non potrebbe mai vivere altrimenti.
Il tifoso, quindi, attua una totale identificazione con la sua squadra, tanto che la vittoria e la sconfitta vengono sentite come proprie, pur se in questa identificazione lo spettatore non contribuisce in alcun modo all'accaduto.
L’atleta che trionfa, che aggredisce o che si sacrifica, manifesta così le esigenze stesse del tifoso che vorrebbe trionfare, aggredire e sacrificarsi.
Ciò permette quindi, a chi per qualsiasi ragione non sia in grado di praticare attivamente agonismo, tanto la liberazione di cariche aggressive quanto una propria valorizzazione o svalorizzazione attraverso l’altro.
D'altra parte la parola tifo dal punto di vista etimologico, deriva dal termine greco typhos che ha il significato di febbre. Le manifestazioni che possono esplodere sul piano comportamentale possono infatti essere paragonate ad una vera e propria “febbre emozionale”; questo indica che un tifoso in determinate situazioni può essere inibito nelle proprie capacità intellettive e venire meno alle proprie difese individuali, proprio come accade alle difese immunitarie di chi è influenzato.
La definizione stessa del dizionario italiano presenta il tifoso come un malato di tifo, ed il tifo come fanatismo sportivo che si esplica nell'esaltare e spalleggiare con passione (Zingarelli).
Si tratta quindi nell'ambito sportivo di una forma di ammirazione, che se non controllata, potrebbe essere portata all’esasperazione.
Basando tutto su componenti passionali, potrebbe infatti portare il tifoso ad incontrollate estremizzazioni, capaci di sfociare anche in reazioni violente.
L’avvenimento sportivo facilita infatti, la comparsa di particolari stati d’animo, per cui gli individui che si recano ad assistere ad una manifestazione di un qualsiasi genere di sport sono coinvolti in una situazione di intensa emotività che può alterarne le normali capacità di controllo portandoli facilmente a situazioni degeneranti.
Tuttavia lo sport non sarebbe più lo stesso senza il pubblico, senza l'incoraggiamento del tifoso che desidera sentirsi parte attiva di qualcosa che ama.
L'atleta stesso verrebbe privato di un elemento importante, quale è il conforto del tifoso, mentre incoraggia la squadra a reagire e a vincere anche nel mezzo della difficoltà.
Dio stesso, nella sua immensa sapienza, nutre una speciale passione di amore, che lo spinge ad incoraggiare ognuno di noi.
Le parole di Enric Liddell, il giovane pastore protestante protagonista del film “Momenti di Gloria” rappresentano bene quella che dovrebbe essere l'attitudine del credente: egli corre perchè “E' Dio che mi ha fatto veloce e il miglior modo per onorarLo è quello di correre: sento che quando corro Lui è contento di me”.
Allo stesso modo anche noi oggi, possiamo rendere felice il nostro Dio utilizzando ciò che Lui ha già provveduto per noi, perchè in Lui siamo stati resi veloci, capaci di correre, lottare e vincere ogni nostra battaglia.
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