“Vai nella tua stanza!” Quante volte da bambini abbiamo sentito questa frase dopo aver combinato qualche marachella! Il peggior castigo che si può infliggere ad un bambino, infatti, è quello di mandarlo nella propria stanza a riflettere sull’accaduto perché colpisce in maniera diretta il suo bisogno di compagnia. Questo è, rapportato nello spazio e nel tempo ad un’altra situazione, lo stesso tipo di bisogno negato che prova un adulto quando viene mandato in prigione.
I rapporti sociali di un individuo mutano la loro fisionomia con il passare degli anni. L’adolescente trascorre il tempo libero rendendosi sempre più indipendente dai genitori e formando gruppi bene organizzati con i coetanei; il giovane adulto perde un po’ d’interesse per le compagnie preferendo orientare il suo tempo verso la famiglia; la persona matura è particolarmente attiva nelle organizzazioni sociali, civili e politiche.
La costante in tutti i casi è quella di mantenere o creare legami con le persone che si hanno intorno scegliendo, generalmente, la propria cerchia di affetti tra quelli che condividono gli stessi interessi e occupazioni.
Le affermazioni che ricorrono più spesso circa la posizione dell’individuo nel sociale (secondo una statistica americana su larga scala, condotta negli ultimi anni) sono del tipo: “mi piace una vita sociale attiva” oppure “senza gli amici mi sentirei un individuo perso”.
La solitudine è provata, quindi, come particolarmente tormentosa.
Il sociologo americano Robert Weiss distingue due tipi di solitudine: quella sociale e quella emozionale. La prima è tipica di un nuovo arrivato in un certo ambiente e che non ha ancora stretto amicizie; è l’essere obiettivamente soli ma senza necessariamente “sentirsi soli”.
La seconda è tipica di chi vive in stretto contatto fisico con gli altri ma senza avere con essi un rapporto profondo.
Vanda Zammuner, docente di psicologia delle emozioni all’Università di Padova, conferma la tesi di Weiss circa la solitudine entrando però più nello specifico: nella nostra società la vera solitudine sociale è rara ma avere rapporti sociali non basta; è importante anche la loro qualità perché pur avendo rapporti sociali frequenti, ci si può sentire comunque emotivamente isolati e non capiti.
Tra le cause che portano a situazioni di solitudine i ricercatori hanno classificato due grandi categorie: la solitudine temporanea e quella stabile nel tempo.
La solitudine temporanea è legata ad un particolare evento che porta un individuo a non poter più contare, per causa maggiore, ad uno o più rapporti che fino a quel momento erano stati particolarmente significativi (es. lutto, separazione, trasferimento…).
La solitudine stabile nel tempo invece, è quella che colpisce durante alcune fasi della crescita come ad esempio l’adolescenza o l’età del pensionamento.
Tra i rimedi consigliati ci sono la televisione, le chat o l’acquisto di un cane. Ma questi possono davvero essere considerati come rimedi?!? Il non pensarci o il riversare l’affetto su un animale, non può e non deve essere una soluzione, a mio avviso, neanche temporanea!
Si dice che i rapporti umani debbano inoltre soddisfare un’altra necessità: la self-disclosure, cioè la possibilità di parlare di sé e di come ci si sente con una persona che sia in grado di capirci. E allora? A chi rivolgersi?
Ebrei 4:15-16 Infatti, noi non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con le nostre infermità, ma uno che è stato tentato in ogni cosa come noi, senza però commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia, per ricevere aiuto al tempo opportuno.
In Cristo, coscienti dell’identità di figli di Dio, il problema svanisce perché è l’Amico per eccellenza a prendersi cura di noi ogni giorno:
Isaia 43:1-5,18-19 Non temere perché Io ti ho redento, ti ho chiamato per nome, tu mi appartieni. Quando passerai attraverso le acque io sarò con te, o attraverserai i fiumi, non ti sommergeranno; quando camminerai in mezzo al fuoco, non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà. Poiché Io sono l’Eterno, il tuo Dio, il Santo d’Israele, il tuo Salvatore… perché tu sei prezioso ai miei occhi e onorato, e io ti amo… non temere, perché Io sono con te… Non ricordate più le cose passate, non considerate più le cose antiche. Ecco io faccio una cosa nuova; essa germoglierà; non la riconoscerete voi? Sì, aprirò una strada nel deserto, farò scorrere fiumi nella solitudine.
L’uomo è stato creato per avere comunione con Dio: appartenerGli appaga qualsiasi senso di mancamento. Affidagli la tua vita se non l’hai ancora fatto perché di certo non ne rimarrai deluso.
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