"Io ne ho viste cose, che voi umani non potreste immaginarvi..."

Famosa view della città del futuro  di Blade Runner

 

Uno degli incipit più famosi della storia del cinema. Si tratta di Blade Runner.

Blade Runner è un film del 1982, di Ridley Scott divenuto un cult della fantascienza sia per i contenuti stilistici che concettuali adatto ad un pubblico maturo, ispirato ad un vecchio romanzo di Philip K. Dick intitolato Il cacciatore di androidi.

Va detto che prima di Blade Runner, un film di fantascienza tendeva a rappresentare un futuro tecnologicamente avanzato e  migliorativo (fatte le dovute eccezioni come per es. Metropolis, il capolavoro di Fritz Lang del 1927), fatto di tute alla "Star Trek", e di ambienti bianchi, asettici, luminosi e "puliti" alla "Spazio 1999".

Blade Runner invece per la prima volta porta sugli schermi un futuro sì tecnologicamente avanzato, ma peggiorativo, cupo, piovoso, polveroso, confuso e sovrappopolato, dove un dominante buio viene contrastato efficacemente solo dalle pubblicità di megacorporazioni commerciali.

Un futuro peggiorativo nei film di fantascienza, era stato sempre attribuito ad un'involuzione tecnologica dovuta  ad un qualche evento disastroso di tipo sociale o naturale, come per esempio in "Interceptor" del 1979, ma mai prima di allora, il futuro peggiorativo veniva attribuito alla stessa evoluzione tecnologica.

Per la prima volta, il peggio non era un futuro tornato indietro, ma un futuro andato avanti.

L'ambientazione futuristica di Blade Runner può essere tranquillamente definita la capostipite del genere cyberpunk, a cui faranno riferimento mostri sacri della letteratura fantascientifica come William Gibson.

In altre parole ci troviamo dinanzi ad un'opera che offrì un nuovo modo di immaginarsi il futuro e che fu preso a modello nei film di fantascienza dei decenni a venire.

Ma è nei contenuti che Blade Runner si eleva a molto di più di un semplice film, facendosi portatore delle domande esistenziali dell'uomo dandogli però le risposte sbagliate. Il poliziotto Deckard (Harrison Ford) viene incaricato di trovare e di "ritirare" cioè uccidere, degli androidi, macchine robotiche, identiche in tutto e per tutto agli uomini, fuggite da una colonia. Questi androidi, sfuggendo ad ogni previsione progettuale, avevano sviluppato un'interiorità autentica, fatta di paure, sentimenti ed emozioni del tutto umane, ma con la conoscenza della data esatta in cui si sarebbero dovuti "spegnere", o umanamente parlando, sarebbero dovuti morire.

La conoscenza di questa data, porta gli androidi capeggiati da Roy (Rutger Hauer), alla ricerca del loro creatore/inventore Eldon Tyrell, nella speranza di poter ottenere da lui un allungamento di tale termine.

Quando Eldon Tyrell, raggiunto da Roy, gli rivela che ciò che gli chiede è impossibile, Roy uccide il suo creatore, il suo "dio della biomeccanica" come da lui stesso definito nella mitica frase  "Ho fatto cose... discutibili. Cose per cui il dio della biomeccanica non mi farebbe entrare in paradiso."

Il rapporto tra Roy, l'androide, ed Eldon, il suo creatore, vuole porsi come metafora dell'uomo ed un creatore malvagio e menefreghista che una volta creatolo lo lascia in balia di una vita effimera, a termine, senza alcuna speranza. E' questa la risposta sbagliata.

Grazie a Dio noi sappiamo di non aver avuto un Dio che ci ha creato a Sua immagine e somiglianza per poi lasciarci in balia degli eventi, abbandonandoci come candele destinate a spegnersi: "La luce che arde col doppio di splendore brucia in metà tempo. E tu hai sempre bruciato la tua candela da tutte e due le parti", così il creatore  Eldon tenta di consolare la sua creatura Roy.
Al contrario Dio, il nostro Padre Celeste e nostro Creatore ha mandato Suo Figlio Gesù per ravvivare il lucignolo fumante (Matteo 12:20;Isaia 42:3), perchè possa brillare per sempre, affinchè cioè la nostra vita non abbia alcun termine. Chi si recherà dal Padre, il Suo Creatore, chiedendogli di allungare il proprio termine, Dio ha già dato quindi la Sua risposta: la fede nel Suo Unigenito Figlio.

C'è una curiosa somiglianza tra quanto affermato da Roy ed alcuni episodi della Bibbia. Solo un caso?

Francamente non credo, e la genialità di Ridley Scott potrebbe aver tratto ispirazione proprio da alcune immagini o frasi evocative della Bibbia. In un caso per esempio Roy sembra rievocare la caduta degli angeli ribelli: "Avvampando gli angeli caddero; profondo il tuono riempì le loro rive, bruciando con i roghi dell'orco". ma è nella frase da cui è tratto il titolo di questo articolo: "Io ne ho viste cose, che voi umani non potreste immaginarvi" che si trova un'analogia interessante con quanto risposto da Gesù ai suoi discepoli in Luca 10,17-18:

Or i settanta tornarono con allegrezza, dicendo: «Signore, anche i demoni ci sono sottoposti nel nome tuo». Ed egli disse loro: «Io vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore».

Sembrava volesse dir proprio una cosa del tipo "Io ne ho viste di cose, che voi umani non potreste nemmeno immaginarvi... e allora di questo dovrei rallegrarmi?"

Ma analogie, seppure antitetiche, si ritrovano anche nella scena vera e propria in cui viene pronunciata la leggendaria frase di cui l'incipit nel titolo: "Io ne ho viste cose, che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser. E tutti quei momenti, andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. E' tempo di morire".

In questa grandiosa scena finale dopo aver detto "è tempo di morire" Roy lascia volare via la colomba custodita tra le braccia a metafora di una morte che libera dalle angosce di un'esistenza senza senso.

L'antitesi analogica è con il nostro Campione, Gesù Cristo su cui la colomba è scesa perché rivolgendosi a noi potesse dirci: "è tempo di vivere".

Roy trova la sua liberazione nella morte. Noi troviamo la nostra liberazione nella Vita.

 

 

 

Alessandro Lilli

15/06/2012