Papa Ratzinger: dimissioni o dismissioni?

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Inutile dirlo: il mondo è rimasto di stucco.  La rivista ufficiale di "A Sua Immagine" la famosa trasmissione cattolica su Rai 1, nel numero speciale dedicato alle dimissioni del papa nell'ultima pagina, con citazione manzoniana, esordisce: "così percossa, attonita, la terra al nunzio sta". E ad essere più scioccato è stato proprio il popolo cattolico.

Immediatamente la curia romana si è prodigata in un tentativo di normalizzazione, riportando esempi come quello delle dimissioni di Celestino V, dando parvenza che, per quanto eccezionale e raro fosse, questo atto papale fosse tuttavia da inquadrarsi in un'ordinarietà di sistema che vantasse addirittura dei precedenti storici.

E qui casca l'asino. E già, perché quello che gli apparati cattolici dimenticano è che il 13 dicembre 1294, quando Celestino si dimise, il dogma dell'infallibilità papale non era ancora stato istituito.

Fu infatti istituito solo molti secoli dopo, nel 1870, da Pio IX . Ma qui, prima di andare avanti, vale la pena fare delle precisazioni dato che spesso, cattolici un po’ smaliziati, non vedono l'ora di beccare un evangelico che  ingenuamente li accusi di  predicare un papa senza peccato, infallibile come uomo.

Non è così: l'infallibilità papale non afferma che il papa sia un uomo senza peccato, ma che egli sia infallibile esclusivamente nell'esercizio del  suo ruolo di primo dottore della Chiesa Cattolica Universale in materia di fede e morale. E' questa "l'infallibilità papale", che viene infatti definita "ex cathedra".

Che poi l'evangelico abbia la sacrosanta ragione nel contrastare questo diffuso  concetto popolare di papato infallibile, "Dio in terra", è fuori discussione.

Attenzione quindi, a fare le dovute distinzioni nel muovere le accuse a questa dottrina idolatra: un conto è quando la si combatte secondo il diffuso credo popolare cattolico, germoglio che la Chiesa Cattolica si guarda bene dal soffocare,  un altro è quando lo si combatte secondo quanto afferma la dottrina cattolica.

Sono tutte e due cose vere, ma la prima tra il popolo, è vera e ben coltivata culturalmente nella situazione di fatto mentre l'altra è definita nella situazione di diritto.

Quindi tornando a noi. Se poco rilevano le dimissioni di Celestino V prima del dogma dell'infallibilità papale, molto rilevano invece le dimissioni di papa Ratzinger dopo l'istituzione di questo dogma (avvenuta nel 1870) ben cinque secoli dopo.

La pietra dello scandalo è che qui non ci si salva nemmeno appellandosi all'infallibilità ex cathedra, su  materie di fede, costume o morale.

Infatti è proprio per timore di far male in materia di fede, costume e morale che papa Ratzinger si è dimesso. Queste sono le sue parole al momento dell'annuncio:

"Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato".

L'annuncio delle dimissioni di papa Ratzinger hanno operato su un doppio binario rivolgendosi sia alla dottrina ufficiosa del popolo, annunciandogli alla fine del discorso dimissionario che egli non è infallibile come uomo ("....chiedo perdono per i miei difetti"), sia alla dottrina ufficiale della Chiesa Cattolica, ammettendo, con le motivazioni delle sue dimissioni, che la potenzialità di errore possa estendersi anche a  materie di fede e morale, che egli quindi non è infallibile nemmeno come papa, contraddicendo in pieno il dogma del 1870 ("...in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato"). Ratzinger si è definito esposto ad errore sia come uomo sia come papa quindi, colpendo al cuore sia la "teologia  popolare" sia la "teologia clericale".

Papa Ratzinger infatti, si sarebbe potuto tranquillamente dimettere affermando di  poter far bene in materia di fede, morale e costume, ma di non sentirsela più per questione di età lasciando il compito al suo successore e invece, ha proprio tenuto a precisare, che se fosse rimasto sarebbe stato incapace di ben amministrare il ministero papale.

Ma ora la domanda più inquietante: ma secondo voi, papa Ratzinger, uomo di immensa cultura e di fine intelligenza, illustre teologo, nel ruolo di conservatore che sempre gli è stato riconosciuto non senza critiche anche dal mondo cattolico, compie un atto storico simile utilizzando parole e concetti come "difetti" o "incapacità di far bene su questioni di grande rilevanza per la vita della fede" senza capire che avrebbe così creato un clamoroso appiglio storico alla critica del dogma dell'infallibilità papale che, con poco, si sarebbe potuto evitare?

Io un'ipotetica  risposta me la sono data, ma non la posso scrivere. Però vi dò un paio di link (articolo1, articolo2) ed un allegato da scaricare, così potrete farvi un'idea e vi assicuro che vale davvero la  pena leggerli.

Comunque ieri il papa si è dimesso, e l'altro ieri, nel salutare il suo popolo, si preoccupava di trasmettere un messaggio chiaro chiaro: "la Chiesa è di Cristo".

Non è che invece di dimissioni si sia trattato di dismissioni? Chissà...

01 marzo 2013

Alessandro Lilli

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