Messaggio del Pastore: PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI

Padre nostro che sei nei cieli...

Primizie di NOVEMBRE 2013

"Padre nostro che sei nei cieli…". Così inizia la preghiera cristiana più famosa della storia, insegnataci direttamente da Gesù. Fiumi di parole scritte, predicate, testimoniate sono scorse attraverso la Chiesa annunciando questa meravigliosa verità.
Dio è un Padre e noi diciamo “amen” - certo lo è! Ciò che non bisogna dimenticare però, è che la figura di "padre" nella storia biblica, e quindi nella cultura a cui  Gesù si riferiva, non era certo la figura genitoriale menomata e svilita dai movimenti di protesta giovanili ribelli a qualunque forma di autorità, al punto da ridurla nella migliore delle ipotesi ad una figura "paritaria" a quella dei figli.

Se amiamo e perseguiamo la verità, che in ultima analisi è quella che ci rende “veramente liberi” dobbiamo porci il santo proposito di assimilare i concetti che Gesù aveva, spogliandoci dei nostri. Nei confronti del proprio padre (come della propria madre) venivano provati sicuramente affetto ma anche profondo rispetto, obbedienza e devozione. Il servo in una casa infatti, era “solo” un servo, ma il figlio era "anche" servo. La stessa preghiera di Gesù, cui si riferisce questa meditazione, prosegue poi con "sia santificato il Tuo Nome", quindi è un Padre non come gli altri, ma Santo e inavvicinabile se non fosse stato per la Sua grazia.

Poi continua "venga il Tuo Regno", e quindi è anche un Re. Quindi Dio non è solo il "Padre-nostro", ma anche il "Padre -nostro - Santo" anzi, un "Padre - nostro – Santo - Re". Quando Gesù pregò nel Getsemani, si approcciò nella medesima duplice maniera dicendo in Marco 14:36, "Abbà, Padre! Ogni cosa ti è possibile; allontana da me questo calice!" . Abbà, come noto, era la maniera con cui ci si riferiva in maniera informale, confidenziale al proprio padre, come sarebbe oggi "babbo o papà", ma se il termine è lo stesso di oggi, non è detto che lo sia il suo significato: e infatti non lo è! Allora la confidenza con il proprio genitore non escludeva il riconoscimento della sua autorità, anzi la rafforzava, arricchendola anche del suo significato paterno. Se infatti il servo serviva il padrone della casa senza amarlo, quanto più lo avrebbe servito il figlio che lo amava! La confidenza che Gesù aveva con il Padre, non ne sminuiva il loro rapporto “Signore-servo” anzi questo ne usciva ancor più rafforzato proprio in virtù di quello di “Padre-figlio”. Oggi prendersi confidenza col proprio genitore fin troppo spesso significa  spogliarlo della sua autorità, ma l’intento di Gesù era esattamente l’opposto. Non solo ti servo in quanto servo, ma ancora di più in quanto figlio. Infatti la Sua preghiera nel Getsemani recita "Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice, tuttavia, non come  io voglio, ma come vuoi tu" e questo è il tipico atteggiamento di un servo.

Il pastore Varrazzo ospite di questa chiesa, nella sua predicazione di domenica 20 ottobre, ha fortemente e giustamente rimarcato questo aspetto: "non solo figli, ma anche servi". Anzi, se il servo come servo serve una volta, noi come figli, a motivo dell'amore, ne serviremo due.

Dunque, confidenza con Dio, ma anche devozione per Dio. Dunque, fiducia in Dio ma anche timore di Dio.

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