Arrivano gli americani

Arrivano gli Americani

Era la primavera del 1965 quando sentii risuonare questa frase nel quartiere dove abitavo. No, non si trattava di un nuovo sbarco di liberazione territoriale, ma semplicemente della nuova proprietà di un cinema, il "Marconi", situato al centro del nostro quartiere, da sempre unico punto di riferimento e di svago per gli abitanti di questa parte di periferia romana fatta di palazzoni di edilizia detta pomposamente "residenziale", ma di fatto abitata da operai e modesti impiegati, fin dal 1955 anno della sua costruzione.

Tra l'altro gli abitanti di un paio di isolati compresi tra via G. Chiovenda, via C. Vivante e via C. Ferrini, avevano contribuito ad una cattiva fama della zona in quanto molti di loro, tra i quali devo mettere anche la mia famiglia, provenivano da borghetti degradati fatti di casupole e baracche sorti spontaneamente nell'immediato dopoguerra tipo: villa Gordiani, borghetto Prenestino, Quadraro vecchio etc...

Alcuni di questi erano stati trasferiti legittimamente come assegnatari di alloggi comunali ma la stragrande maggioranza erano (e la mia famiglia tra loro) occupanti abusivi. Sì, perché nel febbraio del 1961 alcuni palazzi costruiti per il Ministero del Tesoro e mai consegnati per questioni burocratiche, furono nottetempo occupati da famiglie provenienti dalle prima citate borgate, con un passaparola degno dell'attuale facebook, un agglomerato vario di persone, con i mezzi più disparati e masserizie al seguito, diedero l'assalto agli appartamenti vuoti.

Ricordo che io, mia madre e mio fratello arrivammo sul posto a bordo di un'Ape Piaggio con due materassi, un borsa contenente alcuni vestiti, due sedie ed un paio di candele; sì perché la palazzina da noi occupata era ancora in costruzione, allo stato grezzo, priva di finestre e sanitari. Le scale erano senza ringhiere e soprattutto mancavano luce gas ed acqua ed esternamente si potevano vedere ancora i ponteggi in legno.
Avevo circa nove anni, il 1965 era lontano e gli Americani dovevano ancora arrivare...

I quattro anni che ci separano da questo evento passarono per me in maniera interessante, a parte il fatto di dover frequentare le scuole lontano dalla mia nuova casa il che mi costringeva a prendere l'autobus da solo per tutte le medie ed ogni volta era un avventura. Frequentavo il turno pomeridiano e tornavo a casa la sera alle sette il che d'inverno non era una bella cosa. Una volta a casa, dopo cena, si ascoltavano le storie sul periodo della guerra o altre storie per me fantastiche, che parlavano di streghe e fantasmi che una vecchia amica di famiglia, zia Trieste, avanti con l'età raccontava a noi bambini, catturando completamente la nostra attenzione e contribuendo a toglierci parte del sonno una volta a letto... perché se non l'avete ancora capito, non avevamo la TV nè la radio, non avevamo proprio l'energia elettrica...

Era una vita semplice, scandita dai giochi all'aperto nel grande cortile del caseggiato, dai compiti e dai succitati racconti (quasi dei film) di zia Trieste. A movimentare questa routine, ci pensava l'arrivo ogni due o tre giorni di un'autobotte che ci forniva di acqua potabile. Era una festa per noi bambini, sentivamo da lontano il suono del clacson che annunciava il suo arrivo ed allora tutti ci precipitavamo in strada con ogni sorta di recipiente formando una lunga fila nella quale c'era il tempo per socializzare, raccontare storie di famiglia e scambiare quattro chiacchiere tra gli schiamazzi divertiti di noi bambini.

Nel periodo invernale, il famoso cinema Marconi, fungeva da polo di attrazione per gli abitanti del quartiere, soprattutto per quelli del mio caseggiato che non avevano il riscaldamento: la sera infatti poter passare un paio d'ore in un posto caldo nelle vicinanze era il massimo! Tra l'altro anche piuttosto economico: il cinema era, come si diceva allora, di terza categoria. Ho un vago ricordo della cassiera che conosceva quasi tutti noi ragazzini e chiudeva sempre un occhio al momento dell'acquisto dei biglietti... praticamente noi entravamo sempre gratis perché diceva che non arrivavamo all'altezza del bancone!

Ricordo un episodio particolare: una sera per punizione mio padre e mia madre ci avevano chiusi in casa e non ci avevano portato con loro al cinema... non giudicateli male, erano altri tempi... ci avevano redarguito abbastanza ed erano andati via tranquilli, ma non avevano fatto i conti con mio fratello Giovanni, scavezzacollo sin da piccolo (io ero più tranquillo). Mi convinse a trasgredire l'ordine dei nostri genitori ed a recarci al cinema anche noi di nascosto. Davano un film da non perdere assolutamente: "Ali Babà ed i 40 ladroni". Sì, ma come fare?! Eravamo chiusi in casa...

Mio fratello non si perse d'animo, si affacciò al balcone (noi abitavamo al terzo piano) e mi fece notare che al piano di sotto c'erano i ponteggi in legno e... bastava calarsi fin lì. Detto fatto, rimediata la cinghia di una serranda lunga due o tre metri, la legammo stretta alla ringhiera e senza non poche difficoltà raggiungemmo il ponteggio e poi di lì a terra, e via di corsa al cinema che distava circa cento metri da casa. Io avevo 11 anni e mio fratello 13. Una volta arrivati inventammo una scusa con la cassiera che ci fece entrare a vedere l'agognato film... uscimmo poco prima della fine e scappammo di corsa a nasconderci sul pianerottolo superiore delle scale che erano completamente al buio. Appena i miei arrivarono ed aprirono la porta mentre si spostarono per accendere una candela noi ci intrufolammo di corsa in casa dirigendoci di soppiatto verso il balcone. Volevamo togliere la corda e nel frattempo sentivamo mio padre e mia madre chiamarci e cercarci in camera nostra; quando preoccupatissima mia madre ci trovò ancora svegli e sul balcone non lesinò una tirata d'orecchi ed un paio di ceffoni a testa, ma il dolore non poteva superare l'adrenalina per quella nostra avventura e personalmente mi addormentai sognando Ali Babà.

Ps. I miei non hanno saputo di questa nostra avventura se no dopo molti anni e non ci hanno mai creduto...

Torniamo all'arrivo degli Americani. Mai avrei pensato che questo arrivo, pur se apparentemente doloroso per noi ragazzini, in quanto comportò la chiusura del nostro amato cinema, contribuì poi a cambiare la mia vita. Ma andiamo con ordine...

La domanda viaggiava di bocca in bocca nel quartiere ed era in quella primavera del 1965 l'argomento principale di discussione: chi erano questi Americani, che ne sarebbe stato del nostro cinema, e che cosa avrebbero fatto??!!... Domande, domande, domande, ma risposte poche e vaghe, una delle quali ricordo personalmente diceva: faranno spettacoli e canzoni, senza spiegarne il genere... per un po' non pensai più a questa situazione, ero soltanto un ragazzino, stavo crescendo ed avevo altri grilli per la testa...

Passarono alcuni anni ed ad un certo punto mi resi conto che l'arrivo degli "americani", invece di spettacoli e canzoni, aveva portato al posto del cinema una chiesa evangelica, Chiesa Evangelica Internazionale, così recitava la bacheca in marmo posta all'esterno, con gli orari dei "culti", il nome del fondatore Rev. John McTernan e poi c'era una scritta in basso che recitava così: "Poichè Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito figliolo, affinché chiunque crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna". (Giov. 3:16).

In assoluto posso dire che quello fu il primo verso della Bibbia che avessi mai letto nella mia vita. Io non sapevo assolutamente cosa fosse una chiesa evangelica, ma sapevo che alcuni del quartiere avevano cominciato a frequentarla, pensavo io, perché fosse ancora il posto più accogliente, come era stato una volta. Ebbi occasione, non ricordo quando, di entrare ad assistere ad una funzione, più che altro per prendere in giro... da quel giorno passò molto tempo... degli anni... era il 1970 e ricordo che con i miei amici ero solito sedere sui gradini esterni della chiesa per passare il tempo. Ci divertivamo a prendere in giro le persone che entravano in chiesa e che consideravamo strane ai nostri occhi; spesso avevamo dei battibecchi con loro, perché, oggi posso dirlo: eravamo veramente fastidiosi! Ogni tanto il loro Pastore usciva a redarguirci... si, John McTernan. Noi lo chiamavamo l'americano, era una persona affabile, di modi gentili, sempre elegante che parlava un italiano approssimativo con un forte accento inglese. Cercava di avere sempre un sorriso nei nostri confronti, salvo quando lo facevamo arrabbiare, come una volta che inavvertitamente facemmo cadere un'anziana donna che si accingeva ad entrare in chiesa, mentre ci rincorrevamo sul marciapiede antistante l'ingresso. Lui uscì furibondo e ci minacciò di chiamare la polizia se non la finivamo di disturbare e noi molto contrariati e senza lesinare qualche parola fuori posto ci allontanammo.

Questo episodio fu il preludio al mio avvicinamento a questa realtà che ormai era parte integrante del nostro quartiere.

Era la fine dell'agosto del 1971 e una sera passando davanti la chiesa, notai due miei amici parlare con un giovane che sapevo la frequentasse. Mi meravigliai che lo stessero ascoltando quindi mi avvicinai e l'unica parola che riuscii a distinguere fu: Gesù!

Ora dovete sapere che all'epoca, tutta la mia conoscenza su questa Persona era che fosse il figlio di Giuseppe e Maria e che non fosse mai cresciuto, perché lo vedevo solamente nel presepe tra il bue e l'asinello... o al limite l'immagine del crocifisso, tutto qui...

Con mia meraviglia il pomeriggio seguente, questi due miei amici mi vennero a chiamare per dirmi che sarebbero andati ad una festa organizzata da quelli della chiesa e che ci sarebbero state anche delle ragazze. Avevo 19 anni e questo era il mio principale interesse, mi consideravo bello, bullo e ballavo pure bene, quindi quale occasione migliore...

Ricordo bene quel pomeriggio di tarda estate, appuntamento davanti la chiesa e poi in auto alla volta di Torre Angela dove ci attendeva la festa. Una volta arrivati, con mia grande sorpresa mi accorsi che non c'era nulla di quanto mi aspettavo: niente musica, niente balli e soprattutto niente ragazze, a parte un paio molto caste, probabilmente figlie di chi ci ospitava. Qualcuno intonò un canto religioso. Mi guardavo intorno scambiando occhiate ironiche con i miei amici ma la mia attenzione stranamente cambió quando qualcuno dei presenti aprì un libro che non conoscevo: la Bibbia. Lesse un Salmo, credo... poi segui una preghiera di ringraziamento ed alla fine qualcuno raccontò la sua storia, la storia della sua conversione. Poi mangiammo qualcosa e la serata si concluse così. Alla fine mi sentivo strano, direi stralunato. Normalmente abituato ad emozioni forti (le mie frequentazioni erano al limite della legalità, se non oltre), quella sera tornai a casa con il cuore in tumulto e la mente piena di interrogativi che al momento non trovavano risposta. Comunque con i miei due amici, ci eravamo ripromessi di andare in chiesa la domenica seguente...

Ora va detto che la domenica pomeriggio, all'epoca per noi, l'appuntamento fisso era in via Clelia all'Alberone in una famosa discoteca "il Kilt". Già perché allora non esisteva il Sabato sera, ma la domenica pomeriggio e quella volta ci trattenemmo fino alle 18.00 e poi andammo in chiesa. La cosa andò avanti per qualche settimana, prima la discoteca poi la chiesa... ma qualcosa stava cambiando dentro di me, ero sempre più attratto dalla Parola di Dio, tanto che l'ultima volta decisi di non trattenermi in discoteca ed andai direttamente in chiesa da solo.

Da quel giorno non sono stato più lo stesso, la mia vita cambiò completamente, ricordo che il Pastore MacTernan parlò della parabola del figliol prodigo e toccò profondamente il mio cuore. Ci fu un appello per la salvezza, mi alzai dal posto pienamente convinto che la Parola aveva parlato a me! Quel giorno accettai Gesù come mio personale Signore e Salvatore e da quel giorno la mia vita cambiò ed io non sono stato più lo stesso... ma questa è un'altra storia... per ora erano "arrivati gli Americani".

 

Enrico marzoni
20 marzo 2015

Replica per Enrico

fspaghetti's picture

Veramente coinvolgente la tua storia.

Un saluto,   Francesco